martedì 24 gennaio 2023

Di Battista e la propaganda inconsapevole.


A volte una utopia si piega alle esigenze del pragmatismo.
Molto spesso invece no.
Questo è appunto il caso di Alessandro Di Battista, esponente duro e puro del pacifismo utopico nel solco della visione idealistica dei rapporti umani, sociali e politici propugnata del compianto Gino Strada.

In QUESTO VIDEO Di Battista esprime una posizione fortemente critica sulla politica adottata dall'Occidente nel suo complesso - essenzialmente NATO e UE - nei confronti della guerra scatenata dalla Federazione Russa in Ucraina. Come sappiamo, all'atto dell'invasione, gli Stati Uniti in primis e molti altri Paesi europei ma non solo europei hanno immediatamente iniziato a fornire all'Ucraina assistenza politica, finanziaria, umanitaria e anche specificamente militare, mettendo prima di tutto a disposizione delle forze armate di Kiev la sofisticatissima rete NATO di intelligence composta da satelliti di sorveglianza nonché aerei e droni per il monitoraggio a distanza dei movimenti dell'invasore russo e per l'intercettazione delle sue comunicazioni. Questo ha permesso alle forze armate ucraine di avere un quadro via via sempre più preciso della situazione tattica sia sul teatro operativo sia nelle retrovie russe sino a giungere a una condizione di situation awareness strategica costantemente aggiornata in tempo quasi reale, fattore che ha costituito un notevole vantaggio rispetto ai russi, i quali per loro sfortuna non dispongono di risorse tecnologiche altrettanto efficaci e avanzate.
Ma l'appoggio militare occidentale non si è limitato solo all'intelligence, riversando in Ucraina un enorme e continuo flusso di materiale bellico e consentendo in tal modo alle forze armate di Kiev di frenare prima, arrestare successivamente e infine respingere la penetrazione delle colonne militari russe sino a contrattaccare riguadagnando molti dei territori che inizialmente erano stati perduti.
In questo momento, dopo quasi un anno di feroci combattimenti, la guerra si trova in una situazione di stallo in cui i due contendenti si fronteggiano lungo un fronte sostanzialmente statico poiché nessuno dei due possiede le risorse umane e materiali necessarie per sfondare le difese nemiche e attaccare in profondità nel territorio controllato dall'avversario.

Dopo questa breve ma necessaria premessa, passiamo ora al campo della politica e della diplomazia. La posizione di Di Battista in tal senso è sempre stata univoca nel richiedere l'avvio di trattative di pace che possano portare a un compromesso condiviso e accettabile per entrambe le parti ponendo finalmente termine al conflitto.
Questo è ciò che in teoria ci augureremmo tutti, ma Di Battista sostiene che, per motivi di interessi economici interni e di convenienza geostrategica, da parte degli Stati Uniti non vi sia alcuna volontà di far cessare il confronto militare e di conseguenza anche gli alleati europei si siano sempre accodati più o meno supinamente a tale posizione bellicista.

Questa posizione potrebbe anche avere un senso, ma solo a condizione che la strada negoziale sia realmente percorribile e che quindi non imboccarla corrisponda a una precisa scelta politica invece che a una necessità imposta obtorto collo da una situazione che al momento non la rende ancora oggettivamente praticabile.
Intendiamoci, nessuno può negare che gli Stati Uniti stiano godendo di innegabili vantaggi economici sia per quanto riguarda le commesse militari a favore della loro industria bellica sia per le opportunità speculative fornite oro dalla crisi energetica delle economie europee che hanno sofferto e soffrono tuttora della forte riduzione o della cessazione delle forniture di gas e idrocarburi di origine russa e che sono quindi state costrette a rivolgersi ad altri mercati.
Dobbiamo quindi chiederci se questo stato di cose è la vera causa della guerra, come sostengono alcuni, o se ne è solo un effetto collaterale, come ritengono altri. La risposta è oggettivamente semplice: la guerra è scoppiata per decisione del Cremlino e non della Casa Bianca. Sono stati i carri armati russi a varcare il confine ucraino, e non il contrario. Quindi, se è vero come è vero che gli Stati Uniti stanno traendo indubbi profitti da questa situazione, ciò sta avvenendo per la semplice ragione che essi, godendo dei vantaggi derivanti dalla loro potenza militare e dalla loro sostanziale indipendenza energetica, possono investire enormi capitali per inviare armamenti in Ucraina e non sono soggetti alle conseguenze di breve e lungo periodo della redistribuzione dei flussi energetici, contrariamente alla quasi totalità delle nazioni europee che strutturalmente non si sono dimostrate altrettanto attrezzate per affrontare questo tipo di eventi.

Ma torniamo alla questione della praticabilità della via diplomatica. Il presupposto essenziale per imbastire una trattativa tra due contendenti è che entrambi siano disposti a sedersi intorno a un tavolo.
Al momento questa disponibilità non esiste né da parte russa né da parte ucraina, poiché a torto o a ragione (non è questo il punto) entrambi ritengono di poter risolvere il conflitto a proprio favore con le armi.
Kiev continua a contare sul supporto occidentale e a credere fermamente che tale supporto continuerà immutato anche in futuro, ritenendo nel contempo che gli effetti delle sanzioni occidentali, che stanno già cominciando a manifestare i loro effetti sulle capacità produttive dell'industria bellica russa, nel lungo periodo metteranno in ginocchio tutta l'economia russa e la priveranno definitivamente delle risorse necessarie per continuare il conflitto.
Mosca ritiene invece che nel lungo periodo la sproporzione di risorse demografiche fra Russia e Ucraina e le perdite umane in combattimento renderanno materialmente impossibile per gli ucraini continuare a sostituire ogni caduto in un rapporto di 1:1; al Cremlino si punta anche sul fatto che le ripercussioni economiche sull'Europa delle sanzioni occidentali indeboliranno progressivamente anche il consenso politico della base elettorale dei governi europei e provocheranno la rottura fra l'Europa stessa e gli Stati Uniti ridimensionando in modo determinante il supporto militare e politico occidentale a Kiev.

Con questi presupposti appare evidente che l'Occidente, se anche volesse cessare di supportare l'Ucraina mettendola quindi in condizione di non poter più sostenere il confronto militare con la Russia e costringendola quindi ad accettare la via negoziale, non potrebbe comunque esercitare una simile pressione politica sulla Russia, la quale ovviamente non troverebbe alcuna convenienza nello scegliere l'opzione diplomatica proprio nel momento in cui si trovasse in una situazione di vantaggio strategico tale da poter raggiungere tutti i suoi obiettivi cogliendo una facile vittoria militare sul campo.

Ma anche se per assurdo a Mosca, pur trovandosi in posizione di forza, si dichiarassero disposti a intavolare trattative diplomatiche con gli ucraini ormai rassegnati, in tal caso non si tratterebbe di stabilire una road map per trovare un accordo tutto sommato soddisfacente per entrambe le parti ma si arriverebbe a nient'altro che a una resa senza condizioni di Kiev.

Forse Alessandro di Battista dovrebbe ripassare la storia italiana relativa ai mesi precedenti l'armistizio dell'8 settembre 1943. Sarebbe per lui istruttivo rendersi conto che quella fu nient'altro che una resa senza condizioni.

Naturalmente, tutto si può fare. Basta dirlo. E magari rendersi conto che sostenere aprioristicamente la tesi che l'Ucraina non può vincere, che la Russia non può essere sconfitta e che aumenta sempre più il rischio dell'escalation nucleare è esattamente il messaggio propagandistico che il Cremlino vuol far passare nei confronti dell'opinione pubblica occidentale per eroderne il consenso verso i propri governi.

Si chiama "propaganda inconsapevole", ovviamente sino a prova contraria.

Fukushima e bufale nucleari - il meraviglioso mondo radioattivo di Giampaolo Visetti e Massimo Gramellini

  In questo screenshot, che a puro titolo di supporto alla discussione riproduce una parte di  questo articolo del quotidiano Repubblica  us...