domenica 31 luglio 2022

Il centrodestra promette anche ai pensionati chiù pilu pi ttutti - seconda puntata

 


Solo alcuni giorni fa, in questo articolo del quotidiano IL FOGLIO venivano anticipate le proposte programmatiche della coalizione di centrodestra Berlusconi-Salvini-Meloni in tema di pensioni e di superamento della legge Fornero.
Silvio Berlusconi ha dichiarato di voler aumentare l'importo minimo delle pensioni al valore di 1000 euro mensili per 13 mensilità; Matteo Salvini continua a puntare sulla cosiddetta "Quota 41"; Giorgia Meloni al momento non ha ancora espresso una posizione precisa limitandosi a riproporre il generico mantra della rivalutazione delle pensioni più basse e del taglio delle cosiddette "pensioni d'oro".
Sì, vabbè.
Nel surreale teatrino della incipiente campagna elettorale, fare promesse che poi si riveleranno materialmente irrealizzabili è cosa che non deve affatto stupire poiché in passato i teleimbonitori della politica sono comunque riusciti a ottenere notevole consenso elettorale proprio in questo modo e quindi non si vede ragione per cambiare strategia fino a quando il giochino delle promesse da marinaio continua a rivelarsi efficace nei confronti di un elettorato che nonostante tutto persiste nell'abboccare a queste esche.

In realtà né la pensione minima a 1000 euro per tutti né Quota 41 (ovvero il diritto al pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica) hanno la benché minima possibilità di essere tradotte in pratica perché comporterebbero aumenti esorbitanti e insostenibili del debito pubblico, il quale - come possiamo chiaramente osservare nel seguente grafico estratto da questo articolo della testata online LINKIESTA - è detenuto solo in minima percentuale da famiglie e imprese italiane e per la massima parte da istituti finanziari e investitori privati o istituzionali esteri



che di conseguenza sono i veri "padroni" dei destini economici dell'Italia e che in presenza di un ulteriore aggravio strutturale del debito pubblico italico potrebbero trovare non più conveniente investire in titoli di Stati italiani facendo salire lo spread a livelli da vero e proprio default.
Scenario apocalittico ma del tutto credibile essendosi già verificato nel 2011 quando fu la causa diretta della fine ingloriosa dell'ultimo governo Berlusconi.

Questo stato di cose era perfettamente noto sia all'ormai dimissionario presidente del Consiglio Mario Draghi, il quale ha sempre ribadito che ogni ipotesi di riforma del sistema pensionistico doveva rispettare rigidi criteri di sostenibilità economica, e sia a tutti i componenti della maggioranza che lo ha sostenuto per quasi due anni senza sognarsi minimamente di metter mano a qualsiasi ipotesi di ristrutturazione del sistema pensionistico che consentisse di superare la famigerata riforma Fornero.
Alla fine, fra le varie ipotesi di superamento dei perversi meccanismi della legge Fornero comparse in questi ultimi mesi sulla stampa, la più credibile e praticabile, essendo l'unica economicamente sostenibile con impatti minimi sui conti dello Stato rispetto a tutte le altre opzioni, resta quella presentata dal presidente dell'INPS Pasquale Tridico.

Per quanto riguarda i 1000 euro promessi da Silvio Berlusconi e la Quota 41 promessa da Matteo Salvini, trattasi solo di boutades propagandistiche a cui l'elettorato dovrebbe assegnare la stessa credibilità di una moneta da tre euro che andrebbe conferita a Giorgia Meloni che la riforma Fornero l'ha votata senza battere ciglio.



lunedì 25 luglio 2022

Chiù pilu pi ttutti noi - prima puntata

Il teatrino della propaganda elettorale ha ufficialmente aperto i battenti. Venghino, siore e siori.



Nella coalizione di destra è immediatamente iniziata, come ci spiega l'agenzia ANSA, la partita a scacchi fra alleati per trovare un accordo preventivo al fine di evitare le prevedibili risse politiche post-voto per accaparrarsi la poltrona di Palazzo Chigi in caso di vittoria alle prossime consultazioni elettorali.
Il problema, come succede sempre ogni volta che ci si trova a spartire una succulenta torta, consiste nel fatto che i tre componenti della coalizione hanno interessi, visioni e strategie diversificate in merito alla questione della designazione del premier.
Giorgia Meloni, che al momento secondo tutti i sondaggi sarebbe accreditata di un consenso popolare sensibilmente maggiore rispetto alla Lega e a Forza Italia, intende già presentarsi in campagna elettorale come primus inter pares della coalizione e come premier in pectore, lasciando quindi sin dall'inizio della campagna elettorale i suoi alleati con il cerino in mano. D'altra parte, è anche vero che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non hanno alcun interesse a cucirsi addosso sin da subito un ruolo di secondo piano, sia perché questo potrebbe portare nervosismo e instabilità interna nei rispettivi partiti all'interno dei quali i maggiorenti già scalpitano e sgomitano per conquistarsi un punto di partenza il più possibile privilegiato nella corsa alle poltrone di contorno, e sia perché annunciare in anticipo il meccanismo per designare il premier potrebbe costar loro anche un drenaggio di consenso elettorale proprio a favore di Fratelli d'Italia, cosa che in etologia politica è la norma poiché i componenti di un gruppo tendono istintivamente a schierarsi dalla parte del soggetto che riconoscono come nuovo capobranco.

Cosa avrebbe tutto questo a vedere, con l'idea della politica intesa come servizio verso il cittadino invece che come mera conquista di poltrone?
Nulla, naturalmente. Ma visti i loro trascorsi, ci si può oggettivamente aspettare qualcosa di diverso da parte di costoro? Suvvia.
In fin dei conti, il loro elettorato di riferimento è di poche pretese e non glielo chiede nemmeno.








I social media e la censura su Facebook

1. LA SITUAZIONE

Diversi utenti di Facebook potrebbero aver avuto a che fare con l'algoritmo che controlla il rispetto degli "Standard della community" da parte dei suoi utenti.

E' infatti noto che l'utilizzo di un social media è condizionato all'accettazione consapevole delle regole definite dall'amministrazione della piattaforma in questione. Nel caso di Facebook, trattandosi di una piattaforma che conta a livello globale su centinaia di milioni di iscritti che interagiscono in continuazione, non è materialmente possibile tenere sotto controllo i comportamenti degli utenti tramite uno staff di moderatori in carne e ossa; per questo motivo Facebook ha dovuto implementare un algoritmo che agisce al primo livello di controllo sui contenuti pubblicati. A questo indirizzo sono disponibili le informazioni di massima sulle modalità con cui Facebook controlla i contenuti pubblicati dagli utenti. A questo indirizzo sono invece dichiarati gli "Standard della community" di Facebook che gli utenti sono tenuti a rispettare nell'utilizzo della piattaforma.

Le violazioni delle condizioni d'uso comportano per i responsabili una serie di conseguenze che a seconda dei casi possono consistere in messaggi di alert, oscuramento dei contenuti pubblicati o altre azioni come per esempio la disabilitazione temporanea o definitiva del profilo Facebook associato all'iscritto responsabile della violazione.

Esiste tuttavia su Facebook una embrionale forma di autotutela messa a disposizione degli utenti che non condividono le decisioni prese sul loro conto da parte della piattaforma: a questo indirizzo sono disponibili le informazioni relative alle procedure implementate da Facebook per trattare i ricorsi degli utenti. Qualora l'utente veda respinto il suo ricorso, ha la possibilità di rivolgersi a un organismo indipendente di ultima istanza, l'Oversight Board, al quale si può accedere a questo indirizzo tramite il proprio account Facebook.


2. CONSIDERAZIONI DI METODO E DI MERITO

Da quanto esposto, si deduce che:

a. l'individuazione delle violazioni degli "Standard della community" di Facebook è devoluta a un team di controllori e a un algoritmo;

b. come in ogni attività intellettuale, l'errore umano di valutazione non può essere escluso;

c. non esiste un algoritmo la cui efficienza operativa consente al sistema di operare escludendo errori di valutazioni;

d. i due livelli di ricorso, quello interno a Facebook e quello all'Oversight Board, sono stati implementati proprio al fine di cercare di rimediare per quanto possibile agli eventuali errori di valutazione commessi del team di controllori o dall'algoritmo.

Questo sistema, tuttavia, ha delle falle enormi. Le valutazione effettuata dai controllori "fisici" è comunque soggetta alla ampia discrezionalità interpretativa individuale determinata dal fatto che gli "Standard della community" di Facebook non sono un rigoroso richiamo di norme giuridiche ben definite, ma sono soltanto un'accozzaglia di principi enunciati con un elevatissimo livello di genericità, mentre l'algoritmo che coadiuva e sostituisce i controllori "fisici" rappresenta in sé un esempio di vera e propria idiozia digitale.

Stiamo parlando, nella fattispecie, di immagini censurate perché considerate "condivisione di nudità" a carico di riproduzioni di famosissime opere pittoriche rinascimentali (la "Nascita di Venere" di Botticelli, per esempio) o afferenti ad altri periodi storici, opere riguardo le quali nessuno si è mai sognato di indignarsi di fronte alla riproduzione artistica di un seno femminile o dei genitali maschili.



Ma stiamo parlando di altre manifestazioni grafiche a carattere puramente satirico come questa:


che non è consigliabile pubblicare su Facebook se non si vuole incorrere nell'istantanea rimozione del contenuto e nel blocco del proprio profilo per diversi giorni. E' inutile "provare per credere": la prova ve la fornisco io...


Ora, risulterebbe evidente anche a un bambino di tre anni che la vignetta in questione, pubblicata poco prima della ricorrenza religiosa di Pasqua, rappresenta semplicemente un ironico invito a non compiere la solita strage di agnelli da sacrificare in omaggio a una tradizione gastronomica barbara e non può essere in alcun modo interpretata come un invito al cannibalismo infantile.
Peraltro, nel caso della frase relativa al razzismo, si trattava dell'esatto contrario dell'incitamento all'odio poiché in quella occasione stigmatizzava - ironizzando - proprio una posizione di carattere discriminatorio espressa da un altro utente.
In entrambi i casi, il ricorso non è stato minimamente preso in considerazione ed è stato rigettato immediatamente, il che dimostra esattamente ciò che dicevo: l'algoritmo di controllo di Facebook è quanto di più vicino esista al concetto di imbecillità umana. Sì, insomma, qualcosa del genere...



3. COSA C'ENTRA IN TUTTO QUESTO LA CENSURA?

C'entra eccome.
Ho appena dimostrato che, riguardo i contenuti postati su Facebook, la discrezionalità interpretativa sulla loro congruità rispetto agli "Standard della community" è assoluta e risulta all'atto pratico quasi del tutto insindacabile poiché non esiste alcuna garanzia che un ricorso da parte di un utente possa essere anche semplicemente valutato nel merito.
I pericoli conseguenti a questo stato di cose, per quanto riguarda il rispetto del diritto fondamentale dell'individuo ad esprimersi liberamente, sono impliciti ed altrettanto evidenti.
Basti pensare alle conseguenze che potrebbero derivare se ipoteticamente Facebook decidesse arbitrariamente di rimuovere contenuti afferenti a determinate posizioni politiche, cosa peraltro già verificatasi su altre piattaforme come dimostra il caso di Donald Trump finito addirittura bannato da Twitter.
Vorrei ricordare che, in tema di social media, ormai non stiamo più parlando di banali passatempi su cui trascorrere qualche istante di relax mentale, ma di vere e proprie forme di comunicazione di massa profondamente radicate orizzontalmente e verticalmente nella quasi totalità delle culture del pianeta, che non di rado rappresentano l'unico strumento di collegamento fra persone e/o istituzioni: la guerra in Ucraine ne è solo l'esempio più recente e plateale. Non è quindi sufficiente formulare e implementare forme di contrasto a posteriori nei confronti della censura, ma è assolutamente necessario farlo anche contro il semplice ipotetico rischio di censura.

4. QUALI SOLUZIONI CONTRO LA CENSURA O IL RISCHIO DI CENSURA?

La soluzione è una sola: gli "Standard della community" di Facebook vanno semplicemente aboliti, essendo ridondanti rispetto al corposo quadro normativo giuridico che specifica in dettaglio con la massima accuratezza quali siano i comportamenti e le manifestazioni di pensiero consentite e quali siano invece perseguibili a livello di norme civili e penali. Ogni altra limitazione della libertà di espressione deve essere considerata arbitraria, non può essere ammessa e deve essere punita dalla legge.
Sarò libero, oppure no, di esprimere la mia contrarietà alle stragi pasquali di agnelli nel modo che ritengo più efficace e rispettoso della legge?
Con quale diritto Facebook pretende di impedirmelo?

Fukushima e bufale nucleari - il meraviglioso mondo radioattivo di Giampaolo Visetti e Massimo Gramellini

  In questo screenshot, che a puro titolo di supporto alla discussione riproduce una parte di  questo articolo del quotidiano Repubblica  us...