lunedì 24 luglio 2023

Fukushima e bufale nucleari - il meraviglioso mondo radioattivo di Giampaolo Visetti e Massimo Gramellini

 


In questo screenshot, che a puro titolo di supporto alla discussione riproduce una parte di questo articolo del quotidiano Repubblica uscito il 18 marzo 2011 a firma dell'allora inviato Giampaolo Visetti, viene propinata al lettore la storia strappalacrime del tecnico Futoshi Toba che si sarebbe offerto volontariamente di intervenire sul reattore 4 di Fukushima al posto di suoi colleghi più giovani per scongiurare il pericolo dell'apocalisse nucleare e salvare il Giappone dalla distruzione.
Questa ricostruzione non trova alcun riscontro fattuale. Lo stesso autore, che nel suo articolo non dichiara mai di aver conosciuto personalmente il signor Futoshi Toba e 
non può quindi essere considerato testimone diretto della vicenda, si limita solo a riportare un ipotetico evento presumibilmente appreso da terze parti, tuttavia non cita alcuna fonte a supporto e non fornisce alcun elemento atto a consentire al lettore di ricostruire a posteriori i fatti.
Il giorno successivo, nella trasmissione "Che tempo che fa" del 19 marzo 2011, anche Massimo Gramellini ha riproposto questa ricostruzione, senza apparentemente curarsi di verificarne l'attendibilità e senza citare alcuna fonte.


Ci troviamo quindi ancora una volta di fronte alla diffusione di una notizia non verificabile, fatta peraltro tramite il servizio pubblico RAI da un giornalista che dovrebbe conoscere - cosa di cui non dubitiamo - i principi deontologici di trasparenza e di veridicità ai quali dovrebbe informarsi ogni professionista dell'informazione, a maggior ragione se egli opera tramite i canali mediatici di un'azienda alla quale il cittadino paga un canone come corrispettivo dell'aspettativa della suddetta correttezza e veridicità dell'informazione.
Riportiamo per completezza il testo dell'intervento di Gramellini, consultabile a partire dal minuto 10:17 del filmato innanzi linkato e liberamente accessibile sul sito ufficiale RAI:

Una settimana fa, gli operai della centrale di Fukushima vengono chiamati a rapporto dai loro capi.
“Chi di voi conosce meglio il reattore numero 4?”
Nel silenzio si sente un colpo di tosse, poi si vede un uomo che fa un passo avanti e un inchino. Il suo nome è Futoshi Toba. Ha 59 anni e una bronchite cronica. A giugno andrà in pensione. Lui conosce il reattore come tutti gli altri, cioè assai poco, ma capisce che la vera richiesta che gli stanno facendo è “chi di voi è disposto a sacrificare la propria vita per quella degli altri?“.
Futoshi Toba guarda i colleghi che gli stanno attorno: hanno quasi tutti 20 anni.  Allora decide che tocca a lui.
“Il mio destino è compiuto. Ho finalmente l’occasione di dare un senso alla mia vita.”
Giovedì scorso, investito dalle radiazioni, Futoshi Toba è stato ricoverato in un centro di Tokio. Ha i giorni contati, purtroppo, ma dal suo letto d’ospedale ha trovato ancora la forza per dire:
“Prego il mio paese di riflettere se questa è la strada giusta per assicurarci un futuro.”

A distanza di più di dodici anni dallo tsunami, né dal sito della TEPCO (il gestore della centrale di Fukushima), né nel sito di AIEA (l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica che ha fra i suoi compiti quello di monitorare la sicurezza degli impianti nucleari), né fra i media giapponesi (che ogni anno danno notizia della usuale giornata di commemorazione delle vittime del terremoto e dello tsunami dell'11 marzo 2011) vi è alcuna traccia dell'episodio narrato, o del nominativo di un tecnico della centrale di Fukushima di nome Futoshi Toba nato nel 1952 (che, secondo Gramellini, nel 2011 avrebbe appunto avuto 59 anni), o del ricovero in alcun ospedale, così come di un ipotetico successivo decesso, di alcun operatore della centrale di Fukushima con "i giorni contati" a causa dell'esposizione alle radiazioni.

Da ricerche effettuate in rete, al momento l'unica persona di nome Futoshi Toba coinvolta nella tragedia del terremoto dell'11 marzo 2011 è l'allora sindaco di Rikuzentakata (località distante più di 100 km in linea d'aria da Fukushima e appartenente alla prefettura di Iwate), che perse la moglie nel sisma e che sino alla fine dell'emergenza si adoperò alle operazioni di soccorso nei confronti delle vittime del cataclisma senza venire in alcun modo coinvolto a qualsiasi titolo nelle operazioni di messa in sicurezza della centrale di Fukushima, operazioni che in quella emergenza vennero comunque svolte dai vigili del fuoco.


(credits: https://www.gettyimages.ch)

Il signor Futoshi Toba (nato nel 1965 e non nel 1952) risulta peraltro ancora in vita e continua a dedicarsi all'attività politica. Cogliamo quindi l'occasione, anche a nome di Giampaolo Visetti e di Massimo Gramellini, di porgergli i nostri più sinceri auguri di lunga vita e prosperità.



lunedì 3 luglio 2023

Il favoloso mondo del professor Orsini - parte seconda


Alessandro Orsini, come ormai persino i lettori di Topolino sanno perfettamente, è internazionalmente riconosciuto come uno dei massimi esperti a livello mondiale dell'analisi geopolitica e della strategia militare. Egli, in questo suo intervento alla trasmissione Cartabianca ci ha elargito un'altra delle sue preziosissime e illuminate perle di saggezza affermando al minuto 1:06 che quest'anno la tradizionale parata celebrativa della vittoria dell'Unione Sovietica nella Grande Guerra Patriottica si sarebbe svolta in tono minore e seza l'abituale sfilata dei mezzi corazzati per motivi di rispetto nei confronti delle perdite di vite umane che la Russia sta soffrendo in Ucraina.

Quanto specificamente affermato da Orsini in merito alle "molte perdite russe" corrisponde al vero. Naturalmente non è al momento possibile farne una conta precisa, ma tutti gli analisti indipendenti sono concordi nel ritenere che sia da parte ucraina che da parte russa le vittime abbiano abbondantemente superato il numero di 100.000, il tutto senza contare né i feriti né i mutilati (che si stimano in un numero prudenzialmente più vicino a 200.000 che a 100.000), e nemmeno i lutti fra la popolazione civile nei territori colpiti dal conflitto.

Per avere un'idea di cosa  realmente significhi questo dato e di quanto sia feroce la guerra in Ucraina, basti pensare che in 16 anni di guerra in Vietnam dal 1959 al 1975 gli Stati Uniti hanno perso in totale circa 58.000 uomini, ovvero meno della metà delle perdite che la Russia ha sofferto in un solo anno di conflitto.

E per avere un'idea di quale disastroso impatto abbiano avuto queste perdite sulla capacità operativa delle forze armate russe, basti ricordare che la guerra in Ucraina iniziò il 24 febbraio 2022 con una massa d'invasione russa composta da circa 200.000 uomini la maggior parte dei quali erano professionisti che avevano già combattuto in Siria, in Cecenia e in Armenia. Ci troviamo quindi di fronte a una vera e propria carneficina riguardante più di metà della forza d'invasione e che per soprammercato ha colpito proprio queste unità di esperti veterani la cui perdita si sta rivelando catastrofica poiché nessuna campagna di reclutamento può portare al ripianamento di un patrimonio di esperienza bellica maturato in anni o decenni di combattimenti, patrimonio che deve perciò considerarsi irrimediabilmente perduto con tutte le conseguenze del caso. In guerra, il veterano sporavvive e il novellino muore.

In pratica l'esercito russo si trova oggi a dover affrontare la stessa irrecuperabile crisi di personale qualificato che colpì l'aviazione di marina giapponese dopo la perdita dei suoi migliori piloti  nelle disastrose battaglie aeronavali delle Midway e delle Marianne: nessuno dei piloti arruolati successivamente ebbe capacità e addestramento paragonabili ai veterani della guerra in Cina e di tante battaglie sul teatro indopacifico, e chi conosce la storia della seconda guerra mondiale sa bene quali siano state le conseguenze.

Successivamente, al minuto 1:25, Orsini respinge l'ipotesi "fatta da alcuni" (ma non ci dice CHI, il che vuol dire semplicemente NON CITARE LE FONTI, cosa alquanto strana per uno "studioso" del suo calibro, il quale dovrebbe ben sapere che la citazione delle fonti è elemento basilare della discussione accademica e che senza di essa ciò che si dice ha lo stesso valore di una banconota da undicimila lire) che l'aver visto sfilare un solo carro armato si spiegherebbe con il fatto che "tutti gli altri carri armati sarebbero stati inviati al fronte".
Anche in questo caso è del tutto probabile che Orsini dica banalmente il vero: in considerazione della vastità del territorio della Federazione Russa e della necessità di mantenere presidi minimi lungo tutte le sue frontiere, non è strategicamente plausibile che tutte le forze corazzate russe siano state trasferite sul fronte ucraino.
Per quanto riguarda invece i "più di 10.000 carri armati" che la Russia possiede, Orsini dimentica di spiegare che questo numero non corrisponde mai al totale dei mezzi operativamente rischierabili e impiegabili in un determinato teatro operativo, poiché da esso vanno sottratti (come già detto) quelli dislocati altrove, quelli obsoleti (come i vetusti T-55/62/64, che risultano ancora in organico nelle forze corazzate russa), quelli inutilizzabili per manutenzione o per guasti tecnici e quelli di ultima generazione ancora in fase di allestimento e collaudo (come i famosi T-14 Armata, che sul fronte ucraino al momento non si sono ancora visti nemmeno in cartolina mentre a Kiev sono già arrivati e sono già stati impiegati nelle prime scaramucce i Leopard II nelle varie versioni A4/A6/A7).

Quello che Orsini non ci dice è ben altro: ovvero il fatto che le truppe che hanno sfilato il 9 maggio 2023 sulla piazza Rossa erano composte per la massima parte di cadetti delle accademie militari e di personale della Rosgvardija, proprio perché sul fronte ucraino si ha disperatamente bisogno di ogni risorsa umana disponibile, essendo venuta a mancare, a causa delle perdite innanzi ricordate e riconosciute anche dallo stesso Orsini, l'ossatura delle brigate di fanteria le quali oggi non ricordano nemmeno lontanamente il livello di efficienza dei reparti a cui Vladimir Putin diede ordine di invadere l'Ucraina e che, sia pure a costo di perdite terribili anche da parte dei difensori ucraini, sono state letteralmente massacrate sia nella componente appiedata che in quella corazzata.

Certo, i russi hanno diecimila carri armati.
Ma Orsini ci sa anche indicare dove sono i loro equipaggi?

[credits: La Stampa]


martedì 21 marzo 2023

La bufala nucleare sull'uranio impoverito, sempre la stessa

 


Spiace dover constatare come anche una testata giornalistica seria come il Fatto Quotidiano si lasci andare, addirittura nelle home page del suo sito, quindi in condizioni di massima visibilità, a titoli che in termini di veridicità stanno a metà tra il terrapiattismo e la vera e propria mistificazione mediatica: le "bombe" all'uranio impoverito, semplicemente, non esistono e non potranno mai esistere come ordigni progettati per esplodere (che è appunto la definizione di bomba) poiché l'uranio impoverito è una sostanza inerte e non un esplosivo.



Certo, poi nell'articolo a cui rimanda il link si parla, più correttamente, non di "bombe" ma di "proiettili anticarro perforanti" non rinunciando tuttavia a introdurre un altro elemento di pura mistificazione sottolineando che l'uranio impoverito sarebbe una "sostanza radioattiva", affermazione che, se viene utilizzata per descrivere il concetto di radioattività come comunemente lo intendiamo associandolo alla pericolosità per la salute umana, è completamente destituita di fondamento come sa perfettamente chiunque possegga qualche elementare nozione di chimica.
In realtà il livello di radioattività dell'uranio impoverito è estremamente basso, pari a quello di qualsiasi altro metallo con cui veniamo normalmente a contatto ogni giorno, e non comporta alcun rischio di contaminazione da radionuclidi su organismi viventi animali o vegetali.
Qualcuno potrebbe eccepire che questi sono solo tecnicismi.
Non è così.
La veicolazione mediatica di un determinato messaggio, come nel caso evidenziato, rappresenta un esempio di manipolazione dell'opinione pubblica attraverso un elemento falso, fuorviante e completamente privo di rigore scientifico, che provoca nel lettore non informato l'inevitabile e istintiva reazione allarmata che si verifica ogni volta che vengono pronunciate le parole "uranio" e "radioattività".
Questa reazione, che non di rado si trasforma in rabbia, panico o persino isteria collettiva, viene ulteriormente amplificata nell'articolo anche dall'accenno alla dichiarazione del ministro della Difesa della Federazione Russa secondo cui tutto questo non farebbe che innalzare un rischio di guerra nucleare ormai "a pochi passi". Affermazione di chiaro ed evidente contenuto esclusivamente propagandistico, che non deve nemmeno sorprendere più di tanto in considerazione del fatto che ormai al Cremlino sembrano aver fatto un vero e proprio abbonamento alle minacce di ritorsioni nucleari, paventate una settimana sì e l'altra pure ad esclusivo uso e consumo dell'opinione pubblica occidentale.
Solo propaganda, e da quattro soldi.
E adesso per chiudere il cerchio non ci resta da fare altro che attendere trepidanti i prevedibili strali di Alessandro Orsini, che sicuramente non tradirà le nostre aspettative.

Ma torniamo al famoso uranio impoverito, che da tempo viene utilizzato come componente di penetrazione di determinati proiettili perforanti a energia cinetica: i rischi per la salute del suo utilizzo sono esattamente gli stessi che sono a carico di altri metalli estremamente densi, come per esempio il tungsteno. Nel momento in cui un proiettile di questo tipo colpisce una corazza si verifica una violenta e rapidissima trasformazione di energia cinetica in energia termica che, se da una parte provoca la perforazione della corazza, comporta come effetto secondario una finissima nebulizzazione di particelle di uranio le quali, se inalate da persone che si trovano nelle immediate vicinanze dell'impatto, possono andare a depositarsi negli alveoli polmonari e produrre effetti di lungo periodo anche molto nocivi per l'organismo, più o meno come avviene, per fare un esempio, quando vengono ingerite fibre di amianto, cosa che può provocare l'asbestosi o il mortale mesotelioma.
Per questa ragione, e SOLO per questa ragione, è prudente rimanere il più possibile a distanza dal punto di impatto di un proiettile perforante, che sia ad uranio impoverito o a tungsteno, almeno sino a quando le polveri sottili da esso generate non si saranno disperse al suolo o nell'aria, come del resto anche l'articolo del Fatto Quotidiano spiega chiaramente nella sua parte finale.
Ma tutto questo con la radioattività e con le armi nucleari non c'entra assolutamente niente.
E lo sanno benissimo anche a Mosca.
Del resto, non crederete mica che i cannoni russi non utilizzino anch'essi proiettili perforanti a uranio impoverito, vero? 😉

lunedì 27 febbraio 2023

Un anno di guerra in Ucraina, Europa

                   


[fonte: www.fanpage.it]

8 milioni di profughi accolti in altre nazioni europee.
6 milioni di sfollati in fuga dalle zone di guerra.
Centinaia di migliaia di morti, dispersi, feriti e mutilati fra civili e militari.
Città devastate, villaggi rasi al suolo, campi fino a ieri fertili contaminati dalle mine disseminate dai militari di entrambi gli eserciti, infrastrutture civili distrutte, danni economici incalcolabili.


Questo è il bilancio attuale di un anno di guerra nel cuore d'Europa e viene naturale chiedersi il perché di questo scempio, ma prima di interrogarsi sulle responsabilità di questa tragedia è necessario cercare di fermarla il più presto possibile.

I negazionisti che ancora oggi sostengono la tesi che la Russia non può far altro che "vincere la guerra" dovrebbero riflettere sulle catastrofiche perdite inflitte agli invasori sin dall'inizio del conflitto dall'esercito ucraino (che da anni si addestrava con l'ausilio di istruttori occidentali) e dalle locali milizie territoriali (composte essenzialmente da riservisti il cui addestramento secondo le dottrine NATO è stato curato dai nostri Carabinieri).
Questa resistenza, che ha immediatamente potuto contare sul determinante supporto di intelligence della NATO, è comunque costata perdite terribili anche ai difensori fino a quando la mobilitazione messa in atto da Kiev non ha consentito di riequilibrare la situazione sostituendo le milizie territoriali con personale di leva motivato, ben addestrato e ben equipaggiato con materiali e armamenti giunti dalla NATO.
L'esercito russo, di contro, che il 24 febbraio 2022 era composto soprattutto da personale professionista altamente qualificato e ben addestrato, non ha potuto compensare le gravissime perdite iniziali immettendo nuovo personale di pari livello, non disponendo - come qualsiasi esercito organizzato su base professionale - di un sistema di reclutamento e di mobilitazione su vasta scala efficiente e organizzato come quello di una nazione le cui forze armate sono basate su personale di leva.
Tutto questo ha progressivamente ribaltato i rapporti di forza sino a portare i militari ucraini a un livello qualitativo complessivamente molto superiore a quello dei loro avversari russi, che ormai non sono più in grado di svolgere operazioni di alto livello di complessità tattica salvo che con le poche unità d'elìte sopravvissute alla mattanza iniziale.
Dal punto di vista logistico, si sono palesate nel dispositivo militare russo le debolezze già risapute riguardanti l'estrema carenza di veicoli di supporto che, basando unicamente sul sistema ferroviario tutti i rifornimenti, costringe le forze armate a operare solo nelle vicinanze degli snodi ferroviari e consente di dispiegare su un singolo teatro operativo non più di 180-200.000 uomini, quantità all'incirca corrispondente alla forza d'invasione schierata all'inizio della guerra.
Dal punto di vista tecnologico, l'unica branca dell'esercito russo dimostratosi abbastanza efficace è stata l'artiglieria quando utilizzata in modo massiccio e indiscriminato come prevede la dottrina di derivazione sovietica. Tuttavia essa si è rivelata del tutto inadeguata nel fuoco di controbatteria e nel bombardamento di precisione, settori in cui gli ucraini hanno potuto avvantaggiarsi delle più avanzate tecnologie ISR messe a disposizione della NATO e di sistemi di precisione (obici M777 con munizionamento a guida GPS, lanciarazzi Himars e MLRS, semoventi Caesar e Pzh2000).
Anche il supporto aereo russo si è dimostrato estremamente deficitario per la mancanza di armamenti missilistici aria-terra dotati di sistemi di guida satellitare di precisione dei bersagli (il Glonass non è nemmeno lontanamente paragonabile al GPS) e per l'incapacità di svolgere missioni SEAD per eliminare la contraerea nemica: questo, in particolare, ha portato a una vera strage di elicotteri e all'utilizzo anche di costosissimi e modernissimi cacciabombardieri ognitempo in infruttuose missioni di attacco a bassa quota con bombe non guidate, missioni rese peraltro estremamente pericolose dai manpads ucraini.
Sempre in tema di armamenti è da rilevare, con buona pace degli strateghi de noartri (gli ineffabili Mini e Orsini), che l'Occidente ha calibrato in maniera perfetta le tempistiche per la messa a disposizione dei sistemi d'arma di volta in volta necessari per sopperire alle necessità del momento da parte ucraina: il primo assetto fornito, come già detto, è stato il supporto di intelligence tramite aerei, droni e satelliti, che ha sistematicamente messo gli ucraini in grado di conoscere quasi in tempo reale tutte le mosse del nemico, possibilità di cui i russi non dispongono. Poi, per contrastare le colonne corazzate e gli elicotteri, sono arrivati gli obici di artiglieria, i missili Javelin e i manpads Stinger.
Successivamente, quando il fronte si è stabilizzato, per battere le trincee e le retrovie logistiche russe sono giunti i droni Bayraktar e i lanciarazzi Himars che hanno costretto i russi ad arretrare oltre la loro portata i depositi di carburante e di munizioni, rendendo ancora più problematici i rifornimenti al fronte.
E' quindi del tutto esatto affermare che Javelin, Himars e Stinger hanno "cambiato il corso della guerra", poiché senza questi sistemi l'Ucraina probabilmente non avrebbe potuto contrastare l'invasione russa, con buona pace degli esperti de noartri (gli ineffabili Vauro, Travaglio e di Battista, che farebbero bene a parlare delle cose che conoscono invece di quelle di cui non sanno nulla).
Il successivo step (che peraltro si sta già attuando) di forniture militari occidentali all'Ucraina è l'arrivo di carri armati moderni, di veicoli corazzati per la fanteria e di aerei da combattimento, che hanno lo scopo di mettere l'Ucraina in grado di passare da un atteggiamento puramente difensivo, come è sempre stato finora, alla capacità operativa di programmare e mettere in atto una offensiva finalizzata alla riconquista dei territori ucraini occupati dai russi e alla negazione di quello che è sempre stato l'obiettivo strategico minimo del Cremlino: la costituzione sul terreno ucraino di uno stabile collegamento terrestre fra i territori della madrepatria e la Crimea. Anche in questo senso, a condizione che arrivino mezzi in quantità sufficiente e che gli ucraini sappiano farne buon uso, tali forniture si riveleranno probabilmente "decisive" (sempre con buona pace di Orsini & friends) per le sorti del conflitto poiché sarà proprio in base al risultato, quale che sia, di questa offensiva che si determineranno le condizioni di rispettivo vantaggio/svantaggio a partire dalle quali le due parti potranno finalmente sedersi a trattare la fine delle ostilità.
Ci troviamo quindi di fronte a una situazione complessiva in cui il pallino è per buona parte in mano all'Occidente: più aiuti militari continueranno ad arrivare a Kiev e più alte saranno le probabilità ucraine di potersi sedere al tavolo negoziale in posizione di vantaggio contrattuale rispetto alla controparte russa.
E poiché tutto questo è perfettamente noto a Mosca, la reazione russa si sta già da tempo concretizzando in due direzioni: quella militare, attraverso operazioni di pressione sul fronte caldo del Donbass tendenti a logorare il più possibile le attuali risorse ucraine in termini di uomini e mezzi e impedire che con il sopraggiungere dell'estate Kiev possa disporre della massa critica necessaria per passare all'offensiva, e quella politica, attraverso una costante e diffusa opera di propaganda e di disinformazione condotta attraverso soggetti consapevoli o inconsapevoli (vero, Di Battista?) tendente a far crollare il consenso dell'opinione pubblica europea nei confronti della politica occidentale di supporto militare all'Ucraina e di sanzioni commerciali alla Russia negandone l'efficacia.
In termini di sanzioni, è da rilevare come questo strumento sia per sua natura produttivo di effetti reali solo nel medio/lungo periodo se lo si intende come mezzo per ottenere una crisi complessiva del sistema economico che si intende colpire, mentre può avere efficacia immediata solo in determinati e specifici settori dell'apparato produttivo. Nel caso in questione l'obiettivo di breve periodo è costituito dal mettere in crisi le capacità produttive del comparto industriale militare russo attraverso la cessazione della fornitura di componenti e sistemi elettronici necessari per lo sforzo bellico che la Russia non è in grado di produrre autonomamente o di reperire in quantità e qualità sufficienti da fonti alternative sul mercato internazionale: tutto questo sta effettivamente avvenendo, e le conseguenze reali delle sanzioni sono funzione diretta di quanto ampie siano le scorte di tali materiali strategici che la Russia abbia già immagazzinato prima dell'avvio delle sanzioni e in previsione di esse.
Per quanto riguarda invece il fattore propagandistico, atteso che né in Ucraina né in Russia ci si può aspettare che i media possano essere liberi di remare in qualche modo contro i rispettivi governi e le posizioni politiche delle loro leadership, non si può non prendere atto del disastroso comportamento dei media occidentali, che nella maggior parte dei casi hanno scelto di fare da acritico e demagogico megafono alle posizioni preconcette che possiamo definire "no-war" oppure "no-pax"  espresse da pacifisti a oltranza e da bellicisti per partito preso. Abbiamo assistito quindi a una lunghissima sequela di surreali dichiarazioni di anchor-men o presunti tali che hanno prefigurato la "necessità di bloccare i russi in Ucraina per evitare che possano giungere fino a Lisbona" (vero, Severgnini?) oppure, al contrario, che "la Russia non può perdere perché ha le bombe atomiche a sua disposizione" (vero, Orsini?), mentre le poche voci dimostratesi capaci di rimanere ragionevolmente imparziali restano reperibili esclusivamente al di fuori dei tradizionali canali mainstream e non possiamo purtroppo aspettarci che tale deprecabile situazione dell'informazione possa migliorare alla cessazione delle ostilità.
Come sempre, la prima delle tante, troppe vittime di di ogni guerra è la verità.
Tuttavia, qualche punto fermo può essere comunque fissato.
Prima di tutto, è necessario ribadire che qualsiasi antefatto politico dell'invasione russa non può in alcun modo essere chiamato in causa come alibi da nessuna delle parti in causa: molti commentatori hanno fatto riferimento alla mancata realizzazione degli accordi di Minsk come diretto casus belli per la guerra civile in Donbass, il che è oggettivamente vero essendo tali accordi solo un tappeto sotto al quale l'Occidente ha cercato di buttare la polvere dei rancori etnici in quella regione, ma gli stessi commentatori evitano accuratamente di ricordare che questi rancori sono stati innescati direttamente da Mosca, contemporaneamente all'invasione russa della Crimea, in una regione che fino a quel momento non aveva dato alcun segno di tensioni o di particolari contrapposizioni sociali.
Altro racconto equivoco è quello della "minaccia costituita dall'espansione NATO a est" nonostante le promesse fatte in passato di non portare l'Alleanza Atlantica al di là dei confini esistenti dopo il crollo del Patto di Varsavia: anche questo è vero, ma è altrettanto vero che si trattava di promesse alle quali al momento entrambe le parti erano interessate a credere per ragioni di politica interna spicciola ed è parimenti vero che le stesse parti erano perfettamente consapevoli della totale mancanza di valore pratico di tali impegni nel lungo periodo, attero che l'unico punto fermo e non discutibile della questione è e resta comunque il fatto che la NATO non ha alcun interesse a rappresentare una minaccia per la Federazione Russa. Il punto di vista di tutto l'Occidente è che la Russia, in quanto potenza nucleare di primo livello, debba continuare in ogni caso a mantenere invariata la sua stabilità politica sulla scena internazionale. Questa visione ha sempre costituito il presupposto fondamentale delle modalità attraverso le quali si è sviluppato il supporto politico e militare occidentale all'Ucraina e spiega l'attenta e chirurgica gradualità con cui tale supporto è stato messo in atto evitando accuratamente di creare le condizioni per determinare al Cremlino una crisi di leadership e un possibile conseguente vuoto di potere che potrebbe portare a conseguenze non prevedibili, non desiderabili e, soprattutto, non controllabili e non reversibili.
Resta comunque il punto realmente critico di questa strategia politica, costituito dall'impatto pesantemente negativo sull'economia europea della guerra in Ucraina, della conseguente crisi delle relazioni politiche con Mosca e dai danni collaterali inevitabilmente indotti sui mercati europei dalle sanzioni nei confronti della Russia. Se negli Stati Uniti il conflitto ucraino non ha avuto alcuna seria ripercussione economica, essendo l'import-export con la Russia irrilevante, ben altro si deve dire delle economie europee già messe in ginocchio in molti comparti prima dalla pandemia e poi dalle speculazioni sul mercato energetico internazionale conseguenti alla pandemia stessa e antecedenti alla guerra. La perdita del mercato russo in termini di interscambio commerciale fra materie prime e prodotti finiti ha pesato e continuerà a pesare a lungo su molte economie europee, Germania e Italia in primis, le quali si erano imprudentemente legate a Mosca per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico perdendo di vista una visione strategica che avrebbe consigliato una maggiore diversificazione di tali fonti. Si è quindi scelto di lucrare sul breve periodo e con ben poca lungimiranza puntando su disponibilità immediata e abbondante di gas a basso costo, senza rendersi conto o senza preoccuparsi del fatto che ai vantaggi economici si sarebbero dovute sommare le inevitabili esposizioni di carattere politico.
Oggi l'Europa paga il prezzo di questa politica imprudente, ma tutto ciò al momento non sembra costituire per gli Stati Uniti un fattore capace di influenzare in qualche modo la loro strategia nel conflitto ucraino: anche a Washington si tende a lucrare sugli innegabili vantaggi economici immediati che la crisi comporta in termini di perdita di competitività del sistema economico europeo e di business per l'industria locale degli armamenti, ma la Casa Bianca dovrebbe rendersi conto che tirare troppo la corda potrebbe portare l'Europa a un progressivo deterioramento del legame di sudditanza politica nei confronti degli Stati Uniti.
Purtroppo in questo momento la politica statunitense si trova nel delicatissimo e lungo periodo di preparazione alle prossime elezioni presidenziali, in funzione esclusiva delle quali si giocano le strategie elettorali di democratici e repubblicani e, in questo contesto in cui l'elettore medio americano di entrambi i partiti parte sempre e comunque dal costante presupposto di "America first", sembra che l'Europa, soggetto che continua a dimostrarsi completamente irrilevante sul piano geopolitico, sia ancora una volta destinata a recitare la parte del vaso di coccio fra i vasi di ferro nonostante sia il suo stesso tessuto a essere straziato dalla guerra.
Intanto, mentre altri attori della politica internazionale come la Cina cercano di accreditarsi come mediatori, appare chiaro che per ora sia Zelenskij sia Putin ritengono che l'occasione di discutere una tregua potrà concretizzarsi solo dopo aver constatato sul campo di battaglia quali saranno i risultati del confronto che riprenderà fra qualche mese con l'arrivo di condizioni meteorologiche favorevoli alla ripresa della guerra di movimento su vasta scala.
Fino a quel momento, ogni appello alla pace cadrà nel vuoto e ogni eventuale manifestazione della volontà di negoziare da parte di una delle due parti verrà interpretata dall'altra parte solo come segno di debolezza e ne rafforzerà la determinazione a continuare a lasciare la parola alle armi.

lunedì 6 febbraio 2023

Il favoloso mondo del professor Orsini - parte prima

 


Nell'ultima delle sue frequenti apparizioni alla trasmissione Carta Bianca, il professor Alessandro Orsini, professore di sociologia del terrorismo internazionale e sedicente esperto di politica internazionale (che sarebbe un'altra cosa), ha avuto ancora una volta modo di esprimere il suo pensiero senza alcuna forma di contraddittorio da parte di figure realmente competenti sugli argomenti in questione, che in questo caso spaziano dagli obiettivi geopolitici perseguiti delle parti in campo alla descrizione del quadro strategico della campagna militare attualmente in corso in Ucraina.
L'altro invitato al dibattito in qualità di interlocutore era infatti il noto giornalista Pietro Senaldi, direttore del quotidiano generalista Libero, il quale, non avendo maturato alcuna specifica esperienza professionale né nello studio della geopolitica né in quello della strategia militare, non era in grado di ribattere con la necessaria cognizione di causa alle affermazioni del professor Orsini.
Questa, nel mondo del giornalismo (scusate il termine) televisivo, è spesso la tipica situazione creata ad arte quando si vuole strumentalmente privilegiare l'efficacia della diffusione del messaggio di una determinata parte rispetto ad un'altra.
Non possiamo certamente sapere se nel caso di specie l'intento della redazione fosse questo oppure no, così come non possiamo sapere se sia lo stesso professor Orsini a condizionare sistematicamente la sua presenza all'assenza di interlocutori specificamente qualificati per sbugiardarlo, come potrebbero essere per esempio un professore di diritto internazionale oppure uno specialista militare di analisi operativa, ma dalla visione integrale del suo intervento possiamo sicuramente osservare che molte delle sue considerazioni tutto sono tranne che attendibili, il che conferma ancora una volta, se proprio ce ne fosse bisogno, che i talk-show televisivi, nonostante siano definite spesso come trasmissioni di "approfondimento", per la loro stessa intrinseca natura di strumento mediatico caratterizzato da una ineliminabile e forzata compressione dei tempi del dibattito, si prestano particolarmente alle facili generalizzazioni e alla commistione di verità e falsità dei messaggi proposti spinta a livelli tali da rendere estremamente problematica tale distinzione.
Per rimediare a tale squilibrio dialettico prenderemo virtualmente "in prestito" la figura del Col. in congedo Orio Giorgio Stirpe, divulgatore ed egli stesso specialista di lungo corso nel campo dell'analisi operativa, poiché l'attenta consultazione delle sue preziose e puntuali informazioni dell'andamento della guerra in Ucraina rese di dominio pubblico sulla sua pagina Facebook è stata determinante per maturare le considerazioni qui a seguire.

Cominciamo quindi il debunking, partendo peraltro da uno strafalcione introduttivo della conduttrice.

MINUTO 1:01: Bianca Berlinguer afferma che "è da lì  [cioè dall'arrivo dei carri armati russi a Kiev] che è cominciata la guerra il 24 febbraio".
ERRORE
: la guerra è iniziata il 24 febbraio 2022, ma quella è solo la data in cui i carri armati russi hanno varcato il confine ucraino, e non la data in cui sono giunti a Kiev (o meglio, ai suoi dintorni, poiché al centro abitato non sono mai riusciti ad arrivare essendosi dovuti ritirare in fretta e furia ben prima, a causa delle devastanti perdite subite ad opera della reazione ucraina).

MINUTO 3:08: Orsini afferma che "le cose per gli ucraini in Donbass stanno andando in maniera disastrosa" e che "la grande stampa deve nascondere il fallimento della strategia americana in questo momento".
ERRORE:
 la guerra in Ucraina, iniziata con l'invasione russa del 24 febbraio 2022, dopo un iniziale impatto che agli osservatori è parso favorevole agli invasori, nel giro di poche settimane si è tramutata in un vero e proprio tracollo di questi ultimi, che a causa della dissennata iniziale condotta delle operazioni e della imprevista efficacia della reazione militare ucraina hanno dovuto ritirarsi dalla maggior parte delle zone inizialmente occupate subendo gravissime perdite in uomini e mezzi. Se così non fosse, del resto, non si spiegherebbe per quale motivo a oggi, quasi un anno dopo l'inizio delle ostilità, nessuno degli obiettivi russi inizialmente dichiarati all'inizio della cosiddetta "operazione militare speciale" sia ancora stato raggiunto.
Con buona pace del professor Orsini e della "fallimentare strategia americana", l'unica cosa "speciale" che abbiamo potuto finora apprezzare sono le pesantissime perdite russe, particolarmente gravi per quanto riguarda i mezzi perduti ma addirittura irreparabili in termini di personale qualificato mandato a morire sul campo, materiale umano la cui esperienza professionale non potrà essere sostituita da riservisti o nuovi reclutati.

MINUTO 3:39: Orsini sottolinea ancora la "disastrosa situazione ucraina" osservando che "il problema in Italia è nascondere che i russi sono addirittura entrati dentro Bakhmut e detengono un quartiere residenziale" .
ERRORE: come già accennato al punto precedente, la situazione per gli ucraini non è affatto disastrosa, essendo riusciti non solo a fermare l'invasione iniziale ma anche a riconquistare la maggior parte del territorio perso, e non lo rimarrà fino a quando nei loro confronti continuerà a permanere il supporto occidentale.
Per quanto riguarda Bakhmut, è appena il caso di sottolineare che al momento non è ancora caduta, che basta guardare una cartina per rendersi conto che in ogni caso la sua ipotetica conquista da parte russa non porterebbe ad alcun significativo vantaggio strategico, che l'insistenza con cui ormai da mesi viene presa d'assalto è dovuta esclusivamente alle direttive di Putin che ha la necessità di presentare all'opinione pubblica interna una qualsiasi vittoria a puro scopo propagandistico (molto similmente a quanto avvenne a Marsa Matrouh da parte italiana nella seconda guerra mondiale: un piccolo e insignificante borgo sbandierato dalla propaganda del regime fascista come una memorabile conquista) e che la tenacia con cui viene difesa dagli ucraini è dovuta esclusivamente al fatto che i reiterati attacchi russi stanno costando un pesante tributo di sangue fra le loro fila, mentre fra i difensori le perdite sono molto inferiori.
In altre parole, questa è da parte ucraina una tattica che in gergo militare viene definita di "fissaggio" e che, al prezzo di perdite limitate, ha lo scopo di tenere concentrate in un determinato punto del fronte una rilevante quantità di forze nemiche e causarne pesanti perdite in un confronto che peraltro si svolge nel luogo più terribile in cui operare, ovvero in area urbana, dove tutti i vantaggi tattici sono dalla parte di chi si difende e che del posto conosce ogni centimetro quadrato. Stalingrado docet, con buona pace del professor Orsini.

MINUTO 3:58: Orsini afferma che "la ragione per cui Zelenskij chiede così insistentemente le armi è perché, a causa della mobilitazione parziale decisa da Putin il 21 settembre 2022, la Russia ha schiacciato l'Ucraina sulla difensiva".
ERRORE:
la guerra in Ucraina ha visto gli ucraini sulla difensiva solo nella fase iniziale, a cui è seguita una lunga fase di efficace contrattacco ucraino di fronte al quale i russi se la sono dovuta dare a rotta di collo dovendo abbandonare persino un capoluogo di Oblast come Kherson, e che al momento vede i due schieramenti sostanzialmente fermi su un fronte la cui staticità è dovuta non certamente alle vicende belliche ma semplicemente alla cattiva stagione che non consente a nessuno dei contendenti la mobilità logistica necessaria per poter attaccare l'avversario.
Per quanto riguarda la mobilitazione ordinata da Putin, essa stessa è la prova più evidente che è la Russia ad essere in difficoltà a causa delle perdite subite e dell'andamento insoddisfacente della guerra, perché in caso contrario la pratica ucraina sarebbe già stata risolta con i 200.000 uomini inizialmente assegnati e non ci sarebbe stato bisogno di mobilitare alcunché. Con buona pace del professor Orsini.

MINUTO 4:09: Orsini critica l'atteggiamento "propagandistico" della stampa italiana osservando che "noi, per manipolare l'opinione pubblica, diciamo di non guardare a quello che sta accadendo a Vuhledar, a Soledar, a Bakhmut".
ERRORE:
quello che sta accadendo nelle tre località citate è sostanzialmente irrilevante dal punto di vista strategico e in effetti per i media non ci sarebbe alcuna ragione di occuparsene. Al contrario, la stampa se ne sta occupando costantemente, ma solo perché è al momento l'unico punto del teatro in cui si verificano combattimenti di una certa intensità.

MINUTO 8:16: riguardo l'ipotesi di una ipotetica sconfitta militare russa sul teatro ucraino, Orsini paventa come conseguenza "quasi certa" la guerra nucleare perché "Putin utilizzerebbe l'arma nucleare tattica, e questo lo sanno anche gli Stati Uniti tant'è vero che Biden ha rifiutato di fornire i caccia F-16 all'Ucraina".
ERRORE:
lo spauracchio nucleare ha una sua valenza solo a scopo deterrente, e questo è Putin a saperlo benissimo. In altre parole, se i russi decidessero di usare uno o più ordigni nucleari tattici sul teatro ucraino, essi sanno già che la reazione della NATO ci sarebbe e sarebbe "automatica, immediata e proporzionale".
Automatica, poiché non vi sarebbe bisogno di ulteriori consultazioni a livello politico riguardanti l'opportunità di far scendere direttamente in campo la NATO. Tale decisione è stata già presa.
Immediata, perché anche le modalità della reazione sono già state definite e non ci sarebbe bisogno di ulteriori consultazioni per metterle a punto. Anche qui, è già stato tutto deciso e predisposto.
Proporzionale, perché ogni reazione compenserebbe esattamente il danno subito senza innalzare ancora di più il livello dello scontro: se venisse colpito un deposito di munizioni, si colpirebbe un deposito di munizioni, se venisse colpito un concentramento di truppe si colpirebbe un concentramento di truppe, e così via. Peraltro, non è nemmeno detto che la reazione a un attacco nucleare russo sarebbe anch'essa di tipo nucleare: la NATO ha la possibilità di effettuare ritorsioni di valenza identica a un attacco nucleare utilizzando armi convenzionali, il che per la Federazione Russa sarebbe anche peggio perché la metterebbe all'indice in perfetto isolamento da parte della comunità internazionale.
Comunità internazionale che peraltro non potrebbe non reagire in maniera molto dura a una eventuale escalation nucleare da parte russa, mettendola in un totale isolamento diplomatico e provocando la fine definitiva del supporto più o meno esplicito che finora la Russia ha ricevuto da parte di nazioni come per esempio la Cina.
Alla fine, per Putin il gioco non varrebbe la candela: il prezzo da pagare sarebbe troppo alto, con buona pace del professor Orsini.

MINUTO 9:33: Orsini prevede che "Bakhmut probabilmente si accinge a cadere e questa di per sé è una tragica notizia tant'è vero che gli ucraini sono messi talmente male che gli stessi americani stanno suggerendo a Zelenskij di abbandonare Bakhmut, dove peraltro è rimasta una sola via di fuga, quindi una situazione gravissima, per risparmiare soldati da usare su altri fronti".
ERRORE: sono mesi che "Bakhmut si accinge a cadere", con buona pace del professor Orsini. Non è detto che non cada, ma se e quando al momento non è dato sapere, e in ogni caso, se gli ucraini sono messi male, i russi sono messi anche peggio visto che vi ci cozzano da mesi senza riuscire a conquistarla.

MINUTO 10:11: Orsini sentenzia che "in qualche modo oggi Biden ha condannato a morte gli ucraini"  rifiutando la fornitura dei caccia F-16.
ERRORE: Biden non ha chiuso definitivamente la porta a una eventuale futura fornitura di caccia F-16, ha semplicemente affermato che al momento tale fornitura non è prevista. E in ogni caso, gli F-16 possono arrivare da tante altre nazioni nelle quali ve ne è un'ampia disponibilità, esattamente come i carri armati Leopard 1 e 2.
Inoltre è anche necessario tener conto del fatto che la fornitura di moderni aerei da caccia non è una decisione che si prende dall'oggi al domani ma è necessariamente frutto di una accurata pianificazione di lungo periodo che prevede la necessità di addestrare piloti e specialisti. In considerazione di questo presupposto e anche del fatto che centinaia di piloti ucraini sembrano essere misteriosamente spariti ormai da tempo, forse il professor Orsini farebbe bene a chiedersi dove mai tutta questa gente sia andata a finire...

MINUTO 10:20: Orsini afferma che "il capo di stato maggiore ucraino ha chiesto 300 o più carri armati ma noi gliene daremo tra 80 e 130, non gli diamo l'aviazione e non gli diamo l'artiglieria di cui hanno bisogno".
ERRORE: i carri Leopard 1 e 2, insieme ad altri carri di derivazione sovietica provenienti da diverse nazioni che hanno deciso di supportare l'Ucraina, sono disponibili in quantità ampiamente sufficienti a soddisfare le richieste ucraine. Si tratta di una decisione esclusivamente politica. E per quanto riguarda le artiglierie semoventi il professor Orsini è poco informato, visto che in Ucraina ne stanno arrivando in continuazione sin dall'inizio dell'invasione.

MINUTO 12:28: Orsini dichiara che "la NATO ha messo per iscritto e continua a mettere per iscritto che l'Ucraina entrerà nell'Alleanza Atlantica".
ERRORE: che l'ingresso dell'Ucraina nella NATO sia stato messo per iscritto è vero (ma ne parliamo al punto successivo). Che la NATO continui anche oggi ad affermare che l'Ucraina, (che al momento è in guerra) entrerà nella NATO è del tutto falso.

MINUTO 13:27: Orsini dichiara che "il 14 giugno 2021 la NATO si è riunita a Bruxelles, ha pubblicato un documento di 79 articoli e all'articolo 69 è scritto che l'Ucraina entrerà nella NATO".
ERRORE: l'ingresso dell'Ucraina a cui si fa riferimento nel documento citato dal professor Orsini non è affatto una novità essendo stato deciso già nel 2008 e non è in ogni caso automatico ma all'art. 69 è specificamente soggetto al verificarsi di precise condizioni:

69. Ribadiamo la decisione presa al vertice di Bucarest del 2008 che l'Ucraina diventerà un membro dell'Alleanza con il Piano d'azione per l'adesione (MAP) come parte integrante del processo; riaffermiamo tutti gli elementi di tale decisione, così come le decisioni successive, incluso il fatto che ciascun partner sarà giudicato in base ai propri meriti. Rimaniamo fermi nel nostro sostegno al diritto dell'Ucraina di decidere il proprio futuro e il corso della politica estera senza interferenze esterne. I programmi nazionali annuali nell'ambito della Commissione NATO-Ucraina (NUC) rimangono il meccanismo attraverso il quale l'Ucraina porta avanti le riforme relative alla sua aspirazione all'adesione alla NATOL'Ucraina dovrebbe fare pieno uso di tutti gli strumenti disponibili nell'ambito del NUC per raggiungere il suo obiettivo di attuare i principi e gli standard della NATO. Il successo di soluzioni di ampio respiro, sostenibili, e riforme irreversibili, tra cui la lotta alla corruzione, la promozione di un processo politico inclusivo e la riforma del decentramento, basate sui valori democratici, sul rispetto dei diritti umani, delle minoranze e dello stato di diritto, saranno fondamentali per gettare le basi per un'Ucraina prospera e pacifica. Ulteriori riforme nel settore della sicurezza, compresa la riforma dei servizi di sicurezza dell'Ucraina, sono particolarmente importanti. Accogliamo con favore le riforme significative già realizzate dall'Ucraina e incoraggiamo vivamente ulteriori progressi in linea con gli obblighi e gli impegni internazionali dell'Ucraina. Continueremo a fornire sostegno pratico alla riforma nel settore della sicurezza e della difesa, anche attraverso il pacchetto di assistenza globale. Continueremo inoltre a sostenere gli sforzi dell'Ucraina per rafforzare la sua resilienza contro le minacce ibride, anche intensificando le attività nell'ambito della piattaforma NATO-Ucraina per contrastare la guerra ibrida. Accogliamo con favore la cooperazione tra la NATO e l'Ucraina per quanto riguarda la sicurezza nella regione del Mar Nero. Lo status di Enhanced Opportunities Partner concesso lo scorso anno fornisce ulteriore slancio alla nostra già ambiziosa cooperazione e promuoverà una maggiore interoperabilità, con la possibilità di più esercitazioni congiunte, formazione e una maggiore consapevolezza della situazione. Cooperazione militare e iniziative di rafforzamento delle capacità tra alleati e Ucraina, Lo status di Enhanced Opportunities Partner concesso lo scorso anno fornisce ulteriore slancio alla nostra già ambiziosa cooperazione e promuoverà una maggiore interoperabilità, con la possibilità di più esercitazioni congiunte, formazione e una maggiore consapevolezza della situazione. Cooperazione militare e iniziative di rafforzamento delle capacità tra alleati e Ucraina, Lo status di Enhanced Opportunities Partner concesso lo scorso anno fornisce ulteriore slancio alla nostra già ambiziosa cooperazione e promuoverà una maggiore interoperabilità, con la possibilità di più esercitazioni congiunte, formazione e una maggiore consapevolezza della situazione. Cooperazione militare e iniziative di rafforzamento delle capacità tra alleati e Ucraina, compresa la brigata lituano-polacco-ucraina, rafforzare ulteriormente questo sforzo. Apprezziamo molto i significativi contributi dell'Ucraina alle operazioni alleate, alla Forza di risposta della NATO e alle esercitazioni della NATO.

MINUTO 14:13: Orsini afferma che "Se la NATO si impegna ufficialmente mettendo per iscritto che l'Ucraina non entrerà mai nella NATO, un minuto dopo la guerra in Ucraina si ferma e si discute".
Questa chiosa finale non è da considerarsi un vero e proprio errore, essendo una semplice opinione personale costituita da una previsione che potrebbe verificarsi oppure no. Tuttavia, non possiamo non notare che tale eventualità corrisponderebbe esattamente a uno dei fondamentali obiettivi strategici dichiarati dalla Russia e perseguiti attraverso l'invasione manu militari dell'Ucraina con l'intento di sostituirne il governo con un fantoccio eterodiretto dal Cremlino come in Bielorussia.

Resta quindi un mistero la ragione per cui l'Ucraina dovrebbe accettare questo destino imposto con la forza invece di scegliere liberamente se aderire oppure no alla NATO.
Ai posteri (non del professor Orsini, speriamo) l'ardua sentenza.

martedì 24 gennaio 2023

Di Battista e la propaganda inconsapevole.


A volte una utopia si piega alle esigenze del pragmatismo.
Molto spesso invece no.
Questo è appunto il caso di Alessandro Di Battista, esponente duro e puro del pacifismo utopico nel solco della visione idealistica dei rapporti umani, sociali e politici propugnata del compianto Gino Strada.

In QUESTO VIDEO Di Battista esprime una posizione fortemente critica sulla politica adottata dall'Occidente nel suo complesso - essenzialmente NATO e UE - nei confronti della guerra scatenata dalla Federazione Russa in Ucraina. Come sappiamo, all'atto dell'invasione, gli Stati Uniti in primis e molti altri Paesi europei ma non solo europei hanno immediatamente iniziato a fornire all'Ucraina assistenza politica, finanziaria, umanitaria e anche specificamente militare, mettendo prima di tutto a disposizione delle forze armate di Kiev la sofisticatissima rete NATO di intelligence composta da satelliti di sorveglianza nonché aerei e droni per il monitoraggio a distanza dei movimenti dell'invasore russo e per l'intercettazione delle sue comunicazioni. Questo ha permesso alle forze armate ucraine di avere un quadro via via sempre più preciso della situazione tattica sia sul teatro operativo sia nelle retrovie russe sino a giungere a una condizione di situation awareness strategica costantemente aggiornata in tempo quasi reale, fattore che ha costituito un notevole vantaggio rispetto ai russi, i quali per loro sfortuna non dispongono di risorse tecnologiche altrettanto efficaci e avanzate.
Ma l'appoggio militare occidentale non si è limitato solo all'intelligence, riversando in Ucraina un enorme e continuo flusso di materiale bellico e consentendo in tal modo alle forze armate di Kiev di frenare prima, arrestare successivamente e infine respingere la penetrazione delle colonne militari russe sino a contrattaccare riguadagnando molti dei territori che inizialmente erano stati perduti.
In questo momento, dopo quasi un anno di feroci combattimenti, la guerra si trova in una situazione di stallo in cui i due contendenti si fronteggiano lungo un fronte sostanzialmente statico poiché nessuno dei due possiede le risorse umane e materiali necessarie per sfondare le difese nemiche e attaccare in profondità nel territorio controllato dall'avversario.

Dopo questa breve ma necessaria premessa, passiamo ora al campo della politica e della diplomazia. La posizione di Di Battista in tal senso è sempre stata univoca nel richiedere l'avvio di trattative di pace che possano portare a un compromesso condiviso e accettabile per entrambe le parti ponendo finalmente termine al conflitto.
Questo è ciò che in teoria ci augureremmo tutti, ma Di Battista sostiene che, per motivi di interessi economici interni e di convenienza geostrategica, da parte degli Stati Uniti non vi sia alcuna volontà di far cessare il confronto militare e di conseguenza anche gli alleati europei si siano sempre accodati più o meno supinamente a tale posizione bellicista.

Questa posizione potrebbe anche avere un senso, ma solo a condizione che la strada negoziale sia realmente percorribile e che quindi non imboccarla corrisponda a una precisa scelta politica invece che a una necessità imposta obtorto collo da una situazione che al momento non la rende ancora oggettivamente praticabile.
Intendiamoci, nessuno può negare che gli Stati Uniti stiano godendo di innegabili vantaggi economici sia per quanto riguarda le commesse militari a favore della loro industria bellica sia per le opportunità speculative fornite oro dalla crisi energetica delle economie europee che hanno sofferto e soffrono tuttora della forte riduzione o della cessazione delle forniture di gas e idrocarburi di origine russa e che sono quindi state costrette a rivolgersi ad altri mercati.
Dobbiamo quindi chiederci se questo stato di cose è la vera causa della guerra, come sostengono alcuni, o se ne è solo un effetto collaterale, come ritengono altri. La risposta è oggettivamente semplice: la guerra è scoppiata per decisione del Cremlino e non della Casa Bianca. Sono stati i carri armati russi a varcare il confine ucraino, e non il contrario. Quindi, se è vero come è vero che gli Stati Uniti stanno traendo indubbi profitti da questa situazione, ciò sta avvenendo per la semplice ragione che essi, godendo dei vantaggi derivanti dalla loro potenza militare e dalla loro sostanziale indipendenza energetica, possono investire enormi capitali per inviare armamenti in Ucraina e non sono soggetti alle conseguenze di breve e lungo periodo della redistribuzione dei flussi energetici, contrariamente alla quasi totalità delle nazioni europee che strutturalmente non si sono dimostrate altrettanto attrezzate per affrontare questo tipo di eventi.

Ma torniamo alla questione della praticabilità della via diplomatica. Il presupposto essenziale per imbastire una trattativa tra due contendenti è che entrambi siano disposti a sedersi intorno a un tavolo.
Al momento questa disponibilità non esiste né da parte russa né da parte ucraina, poiché a torto o a ragione (non è questo il punto) entrambi ritengono di poter risolvere il conflitto a proprio favore con le armi.
Kiev continua a contare sul supporto occidentale e a credere fermamente che tale supporto continuerà immutato anche in futuro, ritenendo nel contempo che gli effetti delle sanzioni occidentali, che stanno già cominciando a manifestare i loro effetti sulle capacità produttive dell'industria bellica russa, nel lungo periodo metteranno in ginocchio tutta l'economia russa e la priveranno definitivamente delle risorse necessarie per continuare il conflitto.
Mosca ritiene invece che nel lungo periodo la sproporzione di risorse demografiche fra Russia e Ucraina e le perdite umane in combattimento renderanno materialmente impossibile per gli ucraini continuare a sostituire ogni caduto in un rapporto di 1:1; al Cremlino si punta anche sul fatto che le ripercussioni economiche sull'Europa delle sanzioni occidentali indeboliranno progressivamente anche il consenso politico della base elettorale dei governi europei e provocheranno la rottura fra l'Europa stessa e gli Stati Uniti ridimensionando in modo determinante il supporto militare e politico occidentale a Kiev.

Con questi presupposti appare evidente che l'Occidente, se anche volesse cessare di supportare l'Ucraina mettendola quindi in condizione di non poter più sostenere il confronto militare con la Russia e costringendola quindi ad accettare la via negoziale, non potrebbe comunque esercitare una simile pressione politica sulla Russia, la quale ovviamente non troverebbe alcuna convenienza nello scegliere l'opzione diplomatica proprio nel momento in cui si trovasse in una situazione di vantaggio strategico tale da poter raggiungere tutti i suoi obiettivi cogliendo una facile vittoria militare sul campo.

Ma anche se per assurdo a Mosca, pur trovandosi in posizione di forza, si dichiarassero disposti a intavolare trattative diplomatiche con gli ucraini ormai rassegnati, in tal caso non si tratterebbe di stabilire una road map per trovare un accordo tutto sommato soddisfacente per entrambe le parti ma si arriverebbe a nient'altro che a una resa senza condizioni di Kiev.

Forse Alessandro di Battista dovrebbe ripassare la storia italiana relativa ai mesi precedenti l'armistizio dell'8 settembre 1943. Sarebbe per lui istruttivo rendersi conto che quella fu nient'altro che una resa senza condizioni.

Naturalmente, tutto si può fare. Basta dirlo. E magari rendersi conto che sostenere aprioristicamente la tesi che l'Ucraina non può vincere, che la Russia non può essere sconfitta e che aumenta sempre più il rischio dell'escalation nucleare è esattamente il messaggio propagandistico che il Cremlino vuol far passare nei confronti dell'opinione pubblica occidentale per eroderne il consenso verso i propri governi.

Si chiama "propaganda inconsapevole", ovviamente sino a prova contraria.

lunedì 8 agosto 2022

Chiù pilu pi ttutti - terza puntata

Come ci fa sapere l'agenzia ANSA in questo articolo, la macchina propagandistica della coalizione di centrodestra si è già settata in modalità "campagna elettorale ON" e funziona a pieno regime secondo lo schema già abbondantemente collaudato nei passati decenni e costituito, repetita iuvant, sempre dagli stessi slogan triti e ritriti.

Fra questi, un sempiterno cavallo di battaglia del centrodestra è la cosiddetta "riduzione delle tasse":


argomento che evidentemente viene reputato sempre attuale dagli strateghi della propaganda berlusconiana, visto che in campagna elettorale viene invariabilmente riproposto sin dal 1993 salvo poi rimetterlo immediatamente nel dimenticatoio subito dopo l'inaugurazione di ogni nuova legislatura essendo una promessa del tutto irrealizzabile per l'impossibilità di reperire le necessarie poste di bilancio senza aumentare il debito pubblico, fattispecie vietata stante l'obbligo costituzionale del pareggio di bilancio approvato a ranghi compatti sia dal centrodestra che dal centrosinistra subito dopo la caduta del governo Berlusconi IV.
fonte: https://parlamento16.openpolis.it/votazione/camera/pareggio-di-bilancio-in-costituzione-ddl-n-4205-4205-abb-a-voto-finale/37608

Di conseguenza, ogni riduzione del gettito fiscale complessivo (flat tax compresa, ovviamente) andrebbe finanziata con corrispondenti tagli di spesa in altre poste di bilancio per non incorrere nella scure della Corte dei Conti. Eppure il centrodestra si guarda sempre bene dallo spiegarci dove andrebbe a tagliare la spesa per riformare la fiscalità.

Sanità? Molto difficile, essendo questo settore un coacervo di clientele tramite le quali la politica mantiene i rapporti con il mondo delle imprese che gravitano intorno a questo lucrosissimo business.

Pensioni? Già fatto con la legge Fornero, votata anch'essa dal centrodestra compatto.

Scuola? Già fatto con gli 8 miliardi di tagli fatti dalla Gelmini (quella del "tunnel dei neutrini", per capirci) quando era ministro dell'Istruzione.

Difesa? Anche questo è molto difficile, essendo intorno a questa succosa torta troppi interessi industriali in gioco e troppe clientele a cui la politica è da sempre legata.

Morale della favola... 😉




Fukushima e bufale nucleari - il meraviglioso mondo radioattivo di Giampaolo Visetti e Massimo Gramellini

  In questo screenshot, che a puro titolo di supporto alla discussione riproduce una parte di  questo articolo del quotidiano Repubblica  us...